Nfurciddari – nfurciddai – nfurciddatu v. tr., puntellare con un sostegno. V. furcedda.
Nfurdicari – ( mi ) nfurdicai – nfurdicatu dal volg. inverticare, v. tr., rimboccare, rimboccarsi: nfurdicàmini e fatiamu uagnù, ragazzi, rimbocchiamoci le maniche e lavoriamo. V. puzzedda.
Nfurnari – nfurnai – nfurnatu v. tr., infornare.
Nfurnata – i s. f., infornata.
Nfurtiri – nfurtìu – nfurtutu v. intr. dif., dell’olio non commestibile a causa dell’aumentata acidità: štu uèju jè nfurtutu, quest’olio è diventato troppo acido.
Nfurziunari – ( mi ) nfurziunài – nfurziunatu v. intr. medio, raffreddarrsi, nel senso di prendere un raffreddore. V. furzioni.
Nfusari – nfusai – nfusatu v. intr., infilarsi: a totta na fiata nfusou intr’a casa mia, ad un tratto s’infilò in casa mia ( diG. ).
Nfuscari ( mi ) nfuscai – nfuscatu v. intr. medio, lett. offuscare la mente, perdere le staffe.
Nfusulari – nfusulòu – nfusulatu v. intr. dif., di pianta erbacea che cresce in altezza, tallire.
Ngaggiari – ngaggiài – ngaggiatu v. tr., impegnare, ingaggiare.
Ngannapaštori s. m. inv. al pl., succiacapre, uccello insettivoro notturno.
Ngarbamientu s. m., garbo: a bbetri lu ngarbamientu ti quedd’agnoni! Devi vedere il garbo di quella ragazza!
Ngarbari – ngarbai/ ( mi ) ngarbòu – ngarbatu v. tr., rendere garbato: s’acchia lu ngarbi nu picca cuddu sciupparieddu, no bbiti comu li ai?! Occorre che sistemi un po’ quel corsetto che non le sta bene affatto ( diG ). Usato come v. intr. imp., garbare: no lli ngarba, non gli va, non vuole.
Ngarbatu – a agg., pl. inv. ngarbati, garbato.
Ngegna – i dal volg. ingenia, s. f., campo coltivato ad ortaggi con annesso impianto di irrigazione. Il significato più pregnante era quello che aveva due secoli fa, quando il Pacelli dice che “ Ingegne per tutta la provincia si appellano que’ vasti pozzi, dai quali si cava l’acqua per mezzo di molte brocche che pendono da una gran ruota, che si fa girare da un asino o da un cavallo ( G. Arnò, Il can. don G. Pacelli, pag. 75 ).
Ti la ngegna, soprannome della famiglia Mariggiò.
Ngialliniri – ngiallinìi – ngiallinutu v. intr., ingiallire, diventare giallo per malattia o degrado. V. anche ncitrinniri, ngiallinèsciri.
Ngiallinutu – a agg., pl. inv. ngiallinuti, giallognolo, di colore innaturale del viso o di un frutto, con connotazione di malattia o di degrado. V. anche ngualinutu.
Ngialliri – ngiallìu – ngiallutu v. intr. dif., diventar giallo ( di foglie che tendono ad appassire ).
Nota. Un’osservazione particolare va fatta sul termine ngegna, lett. “ingegno”, così chiamata perché implica l’uso di una macchina che è stata molto in voga per secoli, finché non è venuta in sostegno la meccanica moderna. La ngegna era dunque un appezzamento di terreno per la coltivazione di tutte le verdure di uso quotidiano ( sedano, finocchio, prezzemolo, cicorie, rape, fagiolini, ecc. ), caratterizzato dalla presenza della noria, che rappresentava il fatto ingegnoso, in quanto consentiva di irrigare agevolmente piante che necessitano di acqua. La noria, introdotta dai Turchi intorno al IX sec., si rivelò di grande utilità per la trasformazione del moto orizzontale in moto verticale, grazie all’impiego dell’asino che, ruotando in continuazione intorno al pozzo, metteva in moto una ruota dentata che operava quella trasformazione. In conclusione la ruota sistemata in orizzontale sull’imboccatura del pozzo, consentiva ad una serie di contenitori sistemati su una ruota verticale di scendere nel pozzo, riempirsi di acqua, quindi risalire e versarla in un deposito, da cui partiva la canalizzazione per irrigare le culture.
Il successo della ngegna ha fatto sì che la parola venisse usata anche come soprannome del conduttore dell’azienda.
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