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Patirnoštru – Pèrchja

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Pietro Brunetti VocabolarioPatirnoštru – i al sing. indica la preghiera del Padrenostro; al pl. tipo di pasta simile ai tubettini.

Patriternu  n. m., Padreterno.

Patriternu, soprannome della famiglia Massafra.

Patrona s. f., padrona, signora della casa, nel senso di mater familias. V. anche pratona.

Patru – i dal gr. pateo, s. m., strato: mìntili patru patru, sistemali a strati regolari, detto di fichi, alici, melanzane e altre cibarie da conservare per l’inverno.

Patrunanza s. f., lett. padronanza; era un gioco che si svolgeva tra adulti: dopo aver fatto a tocco, il sorteggiato diventava il padrone ed aveva la totale disponibilità delle bevande o degli alimenti che il gruppo aveva contribuito ad acquistare e poteva consumarli direttamente o regalarli ad uno o più compagni, dopo aver ascoltato il parere ti lu sotta, ossia del sotto padrone.

Patrunu – i s. m., padrone, oggi proprietario, imprenditore, datore di lavoro; in passato il termine evidenziava un rapporto tra padrone e servo. V. anche pratunu.

Patta avv., pari: sciamu pattu, sciamu patta patta, siamo pari ( non ti devo e non mi devi niente ).

Patuli s. f. pl, lett. paludi: terra ti patuli, terra di paludi; indica terreni molto fertili, costituiti da uno strato di terra spesso e compatto, perciò difficilmente drenabile e con tendenza a diventare paludoso. A li terri ti patuli si contrappongono li terri rossi, meno fertili, di colore rossastro, costituiti da una coltre di terra meno spessa , dove talvolta affiora persino il sasso.

Patuli, denominazione della contrada situata tra la prov. per Avetrana e quella per S. Pietro.

Patuloni accr. di patuli e con lo stesso significato; indica la contrada situata sul versante sinistro della prov. per Avetrana.

Paura s. f., paura: štai sempri paura paura, è timoroso.

Pazziari – pazziai – pazziatu v. intr. fare pazzie: ma cce šta pazziamu? Stiamo scherzando?

Pècura – i s. f., pecora: pècura nuštrali, pecora nostrana ( dal vello lungo e liscio ); pècura cintili ( dal vello riccio ); jè di pècura, si dice di situazione o di un fatto che non riesce a decollare o a prendere corpo ( come la carne di pecora, difficile da cuocere ).  La pècura zzoppa, titolo di una piccola raccolta di racconti di A. Pesare. V. cconi.

Detti: Ci pècura ti faci, lu lupu ti mància. Se ti mostri debole, gli altri ti sopraffanno.

Quantu cchjù intra sciamu, cchjù pècuri e muntuni acchjamu. Più si va avanti e più si peggiora.

Pècura ci pašci, campana sona. Quando la pecora bruca, il campanaccio suona ( finché il popolo ha da mangiare, va tutto bene ).

Peddi s. f., pelle.

Pèntima – i dalla radice pentra = pietra, del sostrato linguistico mediterraneo; s. f., sasso enorme, per estensione, grossa nube minacciosa.

Peperussu – i s. m., peperone: peperussi a ll’acitu, peperoni sott’aceto. V. botta.

Percalla dal fr. percale, s. f., percalle, tessuto di cotone usato per confezionare lenzuola, camicie e quant’altro era necessario per la dote della figlia: cce jè bbutu mujèrita? – percalla, che ha partorito tua moglie? – femmina ( per cui, in futuro, ci sarebbe stato bisogno di percalle per la dote ).

Pèrchja – perchj dal lat. percula, s. f., lentiggine. Indica anche lo sciarrano, un pesce ermafrodita diffuso nei nostri mari.

Nota. Il termine percalla dà la possibilità di considerare la sopportazione con cui veniva accolta la figlia femmina quando veniva alla luce. Essa rappresentava un peso in tutti i sensi, sia sul piano del lavoro, sia per il fatto che poi doveva essere dotata. Ancora agli inizi del terzo millennio, nelle famiglie meno abbienti e popolari, è preoccupazione della madre preparare per tempo e un poco alla volta tutto il corredo per quando la figlia si sposerà. Importante era anche il fatto che solo i figli maschi trasferivano il cognome del capofamiglia alle future generazioni, mentre le donne, sposandosi, acquisivano anche quello del marito.

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L'articolo Patirnoštru – Pèrchja è stato pubblicato originalmente su La Voce di Manduria.


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