Pindìndulu – i s. m., piccola escrescenza, piccolo battaglio.
Pinnieddu – i s. m., pennello.
Pinninu – i s. m., pennino per scrivere, oggi non più in uso per la diffusissima presenza delle penne biro; oltre ai pennini comuni vi erano quelli più distinti, a cavallottu e a campanaru.
Pìnnulu – i s. m., pillola.
Pintura s. f., pleurite. V. anche pruuliti.
Pinu – i s. m., pino: pinu marinu, tamerice.
Pinu, soprannome della famiglia Moscogiuri. V. pigna.
Pinzari – pinzai – pinzatu v. tr. pensare: šta pinzaa … , consideravo tra me e me; l’è pinzata ti buenu, ha pensato bene di …
Pinzata – i s. f., pensata, idea: è bbuta na bella pinzata! Ha avuto una buona idea ( per la risoluzione di un problema ).
Pinzieri s. m., inv. al pl., pensiero: lu pinzieri è lu mia, sarà mia preoccupazione; t’azzatu cu llu pinzieri! Ti sei levato di buon mattino!; cu llu pinzieri! ( lo hai fatto ) con l’immaginazione; aciu fattu pinzieri, ho cambiato idea; li fotti lu pinzieri! Si preoccupa e come! Štari cu llu pinzieri, essere in pensiero. V. pani.
Pinzu turdinu – pinzi turdini s. m., pispolone, uccello di passo nelle nostre zone, precorre l’arrivo delle tortore.
Piombu s. m., piombino dei muratori. E’ anche un termine usato nel gioco del tressette: significa non avere la carta del seme richiesto.
Piònica s. f., fame: porta na pionica! Ha una fame.
Pipì s. f., nel linguaggio inf., l’organo che serve per urinare. Indica anche l’urina: fari la pipì, urinare. Voce onom. con la quale si chiamano i pulcini: na pipì, pipì,pipì.
Pipinu – i s. m., peperoncino: cce sorta ti pipinu ca sinti! Sei un bell’impertinente!
Pipitàcchiu – pipitàcchj s. m., accr. di pìpitu, scorreggia. Pipitàcchju, soprannome della famiglia Dilorenzo.
Pipitìcchju – pipitìcchj s. m., dim. di pìpitu, piccolo peto.
Pipitieddu – pipitedda agg., pl. pipitieddi – pipiteddi, tiepido: llàiti nta lu uacili ca l’acqua štai pipitedda, lavati nella bacinella dove l’acqua è tiepida. V. pièpitu.
Pipitoni – pipituni s. m., accr. di pìpitu, grossa scorreggia.
Pìpitu – pèpiti dal volg. peditu, s. m., scorreggia: štai comu pìpitu ti mònucu, si lagna per ogni piccola cosa.
Nota. I più anziani ricorderanno che quando si andava alle scuole elementari negli anni ’40 del secolo scorso e per tutti gli anni ’50, l’unico modo per scrivere era costituito dall’asticciuola cui veniva innestato un pennino. Era un sistema complicato, in quanto bisognava inzupparlo continuamente nell’inchiostro e poi occorreva imprimere alla punta la giusta pressione; dopo aver scritto bisognava asciugare le parole con la ‘carta asciuga’, solitamente di colore rosa, per evitare che toccando lo scritto, si macchiasse. Erano operazioni che richiedevano movimenti molto controllati di una manualità fine, che da bambini non avevamo, per cui spesso era necessario far ricorso alla gomma da cancellare: questa comprendeva due parti, una di colore bianco per cancellare lo scritto a matita ed una di colore rosa scuro per cancellare lo scritto a penna.
In quegli anni l’unica scuola elementare di Manduria era l’Edificio scolastico di viale Mancini, ossia del viale della stazione ferroviaria, e nella memoria di molti sarà certamente rimasta impressa la figura ti lu Ronzu (Oronzo Di Leverano ), che accudiva a tutte le incombenze della scuola, compresa quella di passare ogni mattina per le aule e rifondere di inchiostro il calamaio inserito al centro del piano di lavoro di ogni banco biposto, dove sedevamo col compagno di banco, appunto.
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