Rami s. f., rame: rami rossa, rame; frascera ti rami rossa, braciere di rame.
Ramizza – i s. f., piastrina di rame di forma circolare, dotata di un forellino centrale da cui fuoriesce lo stoppino nei ceri mortuari. I bambini le recuperavano per giocare a battere o costruire piccole trottole. Indica anche, in genere, oggetti di rame di scarso valore.
Ramu – ràmuri s. m., ramo.
Ramušcieddu – i s. m., dim. di ramu, rametto: mena na manu a cuddu ramušcieddu, cogli quel rametto.
Rancafila nella loc. ti la rancafila, a rischio: iè sciuta di la rancafila cu no mi coia a nu uecchi, ha manovrato a rischio di colpirmi ad un occhio (diG).
Rancedda – i s. f., piccolo orcio di terracotta; sin. di quartaredda.
Rancu – ràncuri s. m., crampo: scii cu mi štinnècchju e mi enni nu rancu nta la jamma, feci per sgranchirmi e mi venne un crampo alla gamba.
Ranfinu – i s. m., sorta di folletto maligno che rapisce i bambini. V. poi.
Ranfu – i s. m., artiglio: è minati li ranfi, ha messo gli artigli ( su una certa situazione ).
Ranu – i s. m., grano, corrispondente ad un decimo di carlino nel sistema monetario del XVIII sec. : nui ca tinimu ncunu ranu, noi che abbiamo qualche soldo ( da La capasa di M. Greco, atto III ).
Ràppula – i s. f., ruga.
Rappulatu – a agg., pl. inv. rappulati, rugoso.
Ràscia – rasci dal volg. radia, s. f., raggio di sole, ma anche della ruota: t’a misu a lla ràscia, ti sei messo a godere il tepore del sole.
Indica anche il segno lasciato dallo strofinio di un corpo su legno, vetri, pavimenti, ecc.: pi ddiri c’a pulizzatu … a lassatu tuttu rasci rasci, hai pulito solo per modo di dire, in realta è pieno di aloni. Ha anche il significato di razza, pesce dalla forma simile ad un rombo caratteristico del nostro mare.
Ràscia rràscia, soprannome della famiglia Modeo.
Rasciddu s. m., terreno granuloso: tuttu rasciddu, ma iè terra rossa bbona pi l’aulieti, è terreno granuloso, ma anche terra rossa buona per gli oliveti ( diG ).
Rasciulu -i s.m., dal volg. hordeolu, orzaiolo; secondo una credenza popolare lo si guarisce strofinandolo dolcemente con un anello di oro.
Rasizzu s. m., terreno incolto (?): mi mminai ntr’ a lu rasizzu cu no traersu tutti li mascisi, preferii andare sul terreno incolto per non dover attraversare i maggesi (diG).
Raškatora – i s. f., residuo di alimenti bruciacchiati, da raschiare col cucchiaio sul fondo della pentola.
Nota. Li raškatori si recuperavano specialmente dalla pentola in cui la mattina d’inverno, di buon’ora, prima di andare in campagna, si preparavano li fai crišciuti. Questi erano una sorta di pastone di fave e verdura rimasti dal giorno prima, messi a bollire con l’aggiunta di acqua, olio e pane raffermo; servito caldo, forniva le energie necessarie per affrontare il duro lavoro della giornata. Alla fine si grattava il fondo della pentola per gustare i saporitissimi raškatori.
Pietro Brunetti
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