Ndròmisi dal gr. tròcsima, s. m., sorta di pastone di granturco / cibo preparato alla buona e, per estensione, oggetti fuori uso.
Ndruccari – ndruccai – ndruccatu v. tr., piegare a forma di uncino l’estremità di un bastone di materiale malleabile, che perciò facilmente conserva la forma data.
Nduciri – nducìi – nduciutu v. intr., addolcire: l’aulìi ancora no nc’onnu nduciuti bueni, le olive non sono ancora perfettamente dolci.
Necramaru agg. sost., negramaro, tipo di uva.
Nefa s. f., tanfo, cattivo odore.
Nei s. f., neve, anche ghiaccio. V. nijisciari.
Neja – i , dal volg. nebula, s. f., nebbia.
Nenni s. m., inv. al pl., antenato, nonno: nènnima, nènnita, nènnisa, mio nonno, tuo nonno, suo nonno. V. nanna. Nel 1756, nel borgo di Porta Grande, è censita una strada dello nenne.
Neru – i s. m., maiale. V. nacci, puercu.
Neu – i s. m., neo.
Detto: Cinca teni nu neu e no ssi lu eti, teni la furtuna e no ssi la creti. Spesso abbiamo la fortuna a portata di mano senza accorgercene, esattamente come si può avere un neo sul proprio corpo senza rendersene conto.
Nfacciari – ( mi ) nfacciai – nfacciatu v. tr. rifl., affacciarsi.
Nfacinnatu – a agg., pl. inv. nfacinnati, affaccendato. V. facenna.
Nfamu – a agg., pl. inv. nfami, infame, colpevole: iddu è lu nfamu, è lui il colpevole.
Nfassari – nfassai – nfassatu v. tr., fasciare. V. fassa, sfassari.
Nfaugnari – nfaugnou – nfaugnatu v. intr. imp., il prodursi dell’afa: šta nfaugna, fa afa. V. faugna.
Nfiamari – nfiamai – nfiamatu v. tr., imbastire a mano due pezzi di stoffa, prima di cucirli definitivamente.
Nfiamatora – i s. f., imbastitura.
Nfignattantu cong., v. fincattantu.
Nfilafàuci s.m. inv. al pl., furbacchione, imbroglione: cce sorta ti nfilafàuci ca sinti! Sei un bel furbacchione!
Nota. Il termine nei, come abbiamo detto, indicava non solo la neve che da noi cade raramente, ma era riferito anche al ghiaccio. Questo, fino alla metà del secolo scorso, quando non esistevano ancora i frigoriferi, veniva molto usato durante l’estate per rinfrescare gli alimenti e in particolare le bevande. Esso si produceva in blocchi a forma di lunghi parallelepipedi nelle ghiacciaie, come per es. quella di Quero, ubicata in fondo al vicolo che si trova a sinistra di via per Uggiano, imboccandola dai giardini pubblici e a circa cento metri da questi. I blocchi venivano poi comprati dai pizzicagnoli, che li rivendevano al minuto a piccoli pezzi del valore di qualche lira. In mancanza di questo refrigerio, le bevande venivano calate nel pozzo o nella cisterna, dove la temperatura era sensibilmente più fresca.
Ancora più indietro nel tempo si faceva largo uso del ghiaccio per scopi medicamentosi; ma allora non c’erano ancora gli stabilimenti dove fabbricare il ghiaccio. L’alternativa era ricavarlo dalla neve, che veniva importata, anche dall’Albania, conservata in fondo alle neviere dove, compressa, diventava ghiaccio per poi attingerne all’occorrenza. In Manduria esisteva una neviera in piazza M. Giannuzzi, un’altra in via M. Gatti ed una terza in vico I M. Gatti.
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