Pajarìcciu – pajaricci s. m., pagliericcio, saccone pieno di paglia o di foglie di granturco usato per dormire.
Pajaroni – pajaruni s. m., capanna con basamento e pareti fatti con pietre a secco e coperta con canne e paglia sistemate su una intelaiatura di rami. Era molto diffuso nelle nostre campagne fino a 50 anni fa; serviva da rifugio e riparo anche per il pernottamento. Esso rappresenta certamente uno dei resti della civiltà della pietra.
Pajera – i s. f., fienile; era un locale solitamente attiguo alla stalla dove si ammassavano le scorte di paglia per i cavalli, i buoi, le pecore, ecc. V. scittalora.
Pajetta – i s. f., paglietta, cappello di paglia.
Pajusu – pajosa agg., pl. pajusi – pajosi, agitato, inquieto per una situazione di disagio: štai pajusu pajusu, è sulle spine.
Pala – i s. f., pala / foglia del ficodindia. V. uài.
Palàcciu – palacci s. m., grossa cisterna in cemento a forma cilindrica, che serviva a contenere le uve per la fermentazione. Il termine è noto fin dal 1580. V. tinu.
Palancu – palanchi s. m., grosso bastone avente la funzione di leva.
Paliata – i s. f., buona dose di botte: falli na paliata ti mazzati e bbi cce la spìccia! Battilo ben bene e vedrai che la smetterà. V. irtulina.
Palicieddu – i s. m., leva che consente di manovrare l’arlicchjoni. Al pl., piccolo parapetto sistemato a mo’ di protezione sul davanti del traino e dietro il quale sedeva il conducente.
Palittinu – i s. m., paletta, generalmente in ottone, che serviva a rimuovere il fuoco del braciere.
Pàliu s. m., gara: sia ca im’a šci pijà’ lu pàliu, come se dovessimo gareggiare ( diG ); spiega lo stesso autore che nel mese di ottobre, all’inizio della stagione dell’aratura, nella vasta pianura vicino la Campanedda, si celebrava una festa durante la quale si disputava tra i giovani una gara; vinceva chi riusciva a tracciare il solco più dritto e più lungo, avendo come punto di riferimento il campanile di Uggiano.
Palla – i s. f., palla; palla-pallina, è un gioco infantile in cui, a turno, le bambine lanciano in alto una palla e, ad ogni lancio, associano un movimento del corpo che rappresenta una difficoltà, mentre recitano una cantilena del tipo: palla-pallina, dove sei stata, alzo le mani, poi le rialzo, tocco terra, la ritocco, giro nell’orto … In caso di errore subentra un’altra bambina.
Pallinu – i s. m., pallino. V. buttari.
Pàllitu – a agg., pl. inv. pàlliti, pallido.
Palomma – i s. f., colomba, femmina del colombo. V. palummu. Indica anche la parte del torchio che si avvita al fuso.
Palora – i s. f., parola: l’otru giurnu ‘ma uti palori, l’altro giorno abbiamo litigato; na palora! Hai detto niente! V. ppalurari.
Nota. Fino all’immediato dopoguerra, le misere condizioni di vita si riflettevano anche nel modo di acconciare il letto. Generalmente si provvedeva a riempire un saccone con foglie di paglia di orzo o di granturco da stendere sulle tavole del letto per renderlo più accogliente. L’orzo e il granturco erano coltivazioni diffuse perché servivano per l’alimentazione di galline e colombi. Poi si usò il crine, e quando l’economia cominciò a migliorare si usarono i materassi di lana, che era più costosa ma anche più morbida.
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