Lau – i s. m., lago. V. laccu.
Laùru s. m., dal volg. auguriu, folletto che, secondo la superstizione, si compiace di creare difficoltà durante la notte. Un’interessante descrizione di questo folletto si trova in G. Gigli, Superstizioni, pregiudizi e tradizioni in Terra d’Otranto, pagg. 48-49. Làutu s. m., lode, usato nell’espressione a llautu a llautu, gioiosamente: li campani šta ssonunu a llautu, le campane suonano a festa: accadeva quando la chiesa annunciava la morte di un bambino o di una donna morta di parto; manciàmu na cosa a llautu a llautu, mangiamo qualcosa subito subito. Indica anche un infuso a base di bacche di alloro per calmare i dolori addominali.
Laùzzu – i s. m., asfodelo, pianta selvatica, annuale, dai fiori bianche e dal fusto slanciato.
Lazzaroni – lazzaruni s. m., birbone; rei lazzaroni, appellativo di Ferdinando IV, re di Napoli, così chiamato per la sua inclinazione a familiarizzare con i popolani.
Lazzu – làzzuri s. m., laccio delle scarpe e simile. E lu lazzu, lu lizzu, lu lazzu, / senza lu lazzu no pozzu šta’, / mamma tammi lu lazzu / ca m’acia mmarità’. Il laccio, il liccio, il laccio, / senza il laccio non posso vivere; / mamma dammi il laccio / perché mi voglio sposare ( dal canto pop. A rrutulì ).
Leandru – i s. m., oleandro.
Lèggiri – liggii – lettu v. tr., leggere: l’era letta ca era šci spiccià’ cussini, l’avevo previsto che sarebbe finita così.
Lèmiti s. m., inv. al pl., lett. limite, accesso al fondo rustico.
Lemma – i s. f., dal gr. limne-limnes = stagno, palude, recipiente in terracotta a forma di tronco di cono capovolto. Serviva per lavare la biancheria con l’ausilio ti lu štricaturu. La lemma aveva alla base un foro normalmente chiuso da un turacciolo, togliendo il quale era possibile svuotare il recipiente dell’acqua sporca.
Lèngua s. f., lingua: la lengua t’aciu ttajari, ti taglierei la lingua ( per evitare di usarla a sproposito); arriou cu lla lengua ti fori, giunse affannando ( per aver corso ); no tti cati mai la lengua! Non perdi mai la parola! ( per evitare di dire spropositi ). Detto: La lengua, senz’ossi, spezza l’ossi. La lingua, pur essendo senza ossa, può spezzare le ossa ( nel senso che può ferire mortalmente).
Lenta usato nella loc. tari la lenta, dare corda libera, dare piena libertà. V. lientu.
Lenza – i s. f., fascia, benda: falli lenzi lenzi, riducili a brandelli. Indica anche la corda usata dai muratori come guida nella posa dei tufi.
Lepri – liepri s. m. e f., lepre: è pijatu lu lepri, è caduto lungo disteso.
Lezza – i s. f., albero e frutto del leccio. Nel 1866 nel rione Porticella era censita una strada denominata vico Lezza. Detto: Lu puercu mazzu si sonna sempri lezzi. Il maiale affamato sogna le ghiande ( nel senso di desiderare ciò che non si può avere ).
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