Messa – i s. f., messa: Messa šcijata, liturgia dell’adorazione della Croce del Venerdì santo, giorno in cui non si celebra la santa Messa, ma viene regolarmente somministrata la Comunione. Il popolo, rilevando il rituale inconsueto, lo definì Messa šcijata; jè mpiddata Messa, hanno già suonato la terza volta a raccolta per la Messa; Messa utata, dopo il Vangelo; qua si canta Messa, è tutto qui ( si dice della tavola imbandita per significare che tutto il desinare è lì ). V. fatiari, papa.
Méštiri – mištìi – mištutu v. tr., centrare, riuscire. Detto: L’a mmèštiri e jè na pešti. Anche se ben riuscito, ( il matrimonio ) è sempre una peste.
Meštra s. f., attività di cucito o di ricamo / sala di custodia per bambini: aciu šci’ a lla mèštra, devo andare al laboratorio di ricamo, di cucito.
Mèštru – i s. m., maestro artigiano. V. maštru, mèšciu.
Mèsula – i s. f., piccola parte: tutti scuezzi, sulu ncuna mèsula di terra bona, sono tutti sassi, c’è solo una piccola parte di terra buona ( diG ).
Meta – i dalla radice mat = collina, del sostrato linguistico mediterraneo; s. f., bica, modo di sistemare i covoni di grano sull’aia, talché l’insieme prendeva la forma di una casa dai tetti spioventi. V. pignoni.
Mètiri – mitìi – mitutu, v. tr., mietere. V. maritu, pisari.
Mèurlu – i s. m., merlo, uccello che sverna nella nostra macchia.
Mi pr. pers., mi.
Mia agg. e pr. poss. inv., mio, mia, miei, mie: oli ssapi li fatti mia, vuol sapere i fatti miei.
Miatati s. f., metà; è usato esclusivamente nell’espressione a miatati, al cinquanta per cento. Era una forma di contratto con cui il proprietario cedeva la terra al coltivatore, a condizione di dividere gli utili al 50%.
Micìtiu – miciti s. m., omicidio.
Mienzu1 – menza agg., pl. inv. menzi, mezzo: tammi menza marància, dammi mezza arancia.
Mienzu2 avv., mezzo: mmienz’a llu Largu, in pazza Garibaldi ( già Largo di Porta grande ). Var. nella loc. pi lli mienzi: nc’è nu partitu pi lli mienzi, c’è una proposta di matrimonio per lo mezzo ( da Lu massaru Cricòriu rusci rusci, di M. Greco, atto I, sc. III ). Stornello: Quannu mi eddi a mmienzu a ddo carosi, / penza lu cori mia comu si feci. Quando mi vidi tra due giovani donne, / pensa un po’ io cosa provai.
Mienzuggiurnu s. m., mezzogiorno. V. menzatìa.
Mienzu peti – mienzi peti s. m., chiodo della lunghezza di circa 15 cm a forma di acutu.
Nota. Alla parola meta si è fatto cenno al sostrato linguistico mediterraneo. Di cosa si tratta?
Alla fine dell’età della pietra, intorno al III millennio a. C., su tutta l’area bagnata dal Mediterraneo troviamo diffusa la civiltà mediterranea o tirrenica, con la presenza dei Pelasgi in Grecia, degli Iberi nella penisola iberica, i Fenici a nord della Palestina, gli Egiziani in Egitto, i Cretesi a Creta e, in Italia, gli Etruschi al centro-nord, i Liguri, pare, in Sicilia, i Caoni e i Morgeti sulle Murge.
Ogni popolo lascia tracce della sua presenza, non solo con i monumenti in pietra, ma anche attraverso la lingua. Ebbene, il Colella ( v. Toponomastica pugliese, Vecchi ed., Trani 1941 ) ha indagato le tracce linguistiche lasciate dai popoli mediterranei che abitavano la Puglia e, tra quelle vi è appunto la radice mat = collina, luogo elevato. Dalla stessa radice deriverebbero Matino, Mattinata, Matese, Mateola ( Matera ) e, ritengo, anche meta del dialetto manduriano = bica. Altre interessanti influenze linguistiche esercitate dalla civiltà mediterranea le ho riportate nel mio Manduria tra storia e leggenda, alla pag. 41.
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